Salone della cultura 2019, intervista a Matteo Luteriani

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Il 19 e il 20 gennaio, nella cornice di Superstudio più in via Tortona, torna per la terza edizione il Salone della cultura, organizzato dalla casa editrice milanese Luni specializzata in saggistica, con la collaborazione di Maremagnum.com, il più importante sito italiano di libri antichi, usati e fuori catalogo.

«Il Salone – racconta Matteo Luteriani che lo ha ideato e ne cura l’organizzazione generale – nasce dall’idea di unire mondi che non parlano tra loro, pur vivendo l’uno accanto all’altro: quello del libro nuovo, l’editoria classica fatta di novità, presentazioni, nomi più o meno famosi; quello del libro “d’occasione” e quello del libro “superlativo”, con i suoi pezzi rari e preziosi, di pregio ed estremo valore che i grandi librai antiquari commerciano. Da qui l’accordo con Alai/Ilab [Associazione dei librai antiquari d’Italia/International league of antiqurian bookseller]».

Un’unione fruttuosa, verrebbe da dire.
L’alchimia della manifestazione è determinata da un gradiente e da una miscela di fattori che presi isolatamente possono anche funzionare, se ben gestiti. Ma uniti, di solito, fanno esplodere la provetta.
Che la formula del Salone, invece, sia ben bilanciata, lo dicono i numeri: 35 mila i visitatori della prima edizione, nel 2017, leggermente meno quelli dello scorso anno, ma potendo contare – grazie all’introduzione del biglietto d’ingresso – su un pubblico «scremato», più interessato e orientato all’acquisto. E, ancora, più di 400 giornalisti accreditati nelle due edizioni passate e oltre 600 espositori, contando anche quelli dell’edizione che sta per iniziare.
Uno degli aspetti peculiari che guidano la logica del Salone è il concetto «neverending book», il libro infinito: da noi si trovano il presente, il passato e il futuro del libro (sì, anche il futuro, con i libri che stampiamo «di giornata» grazie a un accordo con Xerox e Mediagraf/PrintBee: quasi un milione di pagine stampate tra 2017 e 2018).
Sabato e domenica ad aspettare i nostri visitatori ci saranno più di 200 espositori. E una lunga lista d’attesa di librai ed editori che avrebbero voluto esporre ma che non siamo riusciti a inserire si è materializzata sulle nostre scrivanie. Insomma, abbiamo fatto sold out.

Che atmosfera si rispira durante la manifestazione?
Passeggiare tra i corridoi del Salone della cultura, affollatissimi di persone che cercano, sfogliano, comprano libri di ogni genere –dall’incunabolo al volume appena stampato – con uno spettro anagrafico che va dal ragazzo al più anziano lettore, è una gioia per gli occhi.
Fin dalla prima edizione siamo stati in controtendenza rispetto agli indicatori del mercato. Per esempio, notiamo una grandissima presenza di giovani che comprano libri tra i nostri visitatori. Visitatori che possono peraltro scegliere tra una quantità impressionante di titoli: un calcolo ci fa dire che in termini di titoli a copia unica, sono oltre 500 mila i libri proposti nei due giorni di manifestazione. E una rappresentanza di editori straordinaria.
Senza contare le mostre (quattordici in tre edizioni) e i laboratori di grande qualità – dai libri pop up alla recitazione, dalla stampa ai gioielli di carta fino alle tecniche di lavorazione della carta – sempre molto apprezzati dal pubblico.

La programmazione di eventi e appuntamenti culturali, a Milano, sta diventando sempre più fitta. Come s’inserisce il Salone della cultura in questa dinamica, sia in ottica di cooperazione che di affermazione della propria identità?
Tanti anni fa, quando pubblicai per la prima volta con Luni il grande pedagogo polacco Janusz Korczak, ucciso dai nazisti a Treblinka (del quale insieme all’Associazione Figli della Shoah presentiamo un’importante mostra al Salone), scrissi questa frase nel controfrontespizio – il libro è Il diritto del bambino al rispetto – «Ognuno siamo noi».

Dopo quasi 30 anni, questo senso di contaminazione, di rispetto dell’altro, del pubblico, di chi lavora, delle persone, degli espositori, questo tener presente di ciascuno le esigenze, ho cercato di trasferirlo al Salone e alla sua struttura, facendolo diventare «casa nostra», casa di tutti. Nessuno è secondo, tutti sono primi.
Un grande educatore giapponese ha detto «Tutti insieme per crescere e progredire con il migliori impiego dell’energia»: ecco, io seguo scrupolosamente questo pensiero. Sia guardando all’interno che all’esterno della nostra manifestazione, sia rispetto alle relazioni che danno forma al Salone che ai rapporti che possiamo intessere con l’ordito culturale della città di Milano.
Stiamo cercando di preparare, con il nostro lavoro costante, il terreno adatto da cui possa nascere un «nuovo manifesto» della cultura italiana. Vogliamo fare in modo che gli attori dei mondi che andiamo a intercettare comprendano che con noi possono interagire. Che nella nostra manifestazione possono avere spazio e trovare voce.Pubblicato da: Giornale della libreria

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